Memorie di pietra e Parchi

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Tutte le province d'Italia, vicine o lontane dal fronte, sono segnate da una fortissima presenza di segni di memoria legati alla Grande Guerra. Fiorirono tra la data di Vittorio veneto e gli anni Venti una serie di targhe, cippi, monumenti, tutti recentemente oggetto di scrupolosi censimenti, descritti e catalogati per permetterne una sempre più adeguata lettura.

Ogni piccolo borgo, ogni villaggio, ogni città conserva segni della memoria, parchi della Rimembranza e monumenti legati ai morti in guerra, a segnare lutti, a ricordare i nomi, ferite aperte nel cuore della società civile da una guerra "vittoriosa". Furono infatti i parenti delle vittime i primi a ricorrere alle lapidi privatamente o sulle facciate dei palazzi, in seguito furono le istituzioni, le associazioni e i gruppi dell'Italia nazionalista e liberale ad erigere segni di memoria a elaborazione del lutto, a giustificazione del proprio operato, come accadeva del resto in tutta Europa.

Si fa uso in Italia di un linguaggio aulico che ricorre alla retorica combattentistica non priva di venature nazionalistiche cattoliche e protofasciste. Il dolore e la disperazione causati dalla tragedia immane viene trasferito sul piano dell'eroismo, la tragedia delle tante vite spezzate viene trasformata in orgoglio nazionale. Presto si affacciano le prime strumentalizzazioni fasciste che eliminano altre forme di memoria, come quella pur presente del pacifismo socialista. Il fascismo in fase di ascesa e consolidamento si impadronìsce della memoria della Grande Guerra in senso propagandistico, spazzando via ogni altra forma di memoria come è evidente nelle iscrizioni e nei monumenti soprattutto nel Capoluogo maremmano: non c'è più la pietà, ma il culto dell'eroe e del volontario coraggioso.