Eredità di “memorie di morti”
print this page- 4 -
Non furono solo gli spazi delle battaglie e di eventi legati al calendario del conflitto a diventare luoghi della memoria. In ogni municipio furono collocate lapidi; nei primi anni Venti fu inaugurata una rete capillare di Parchi della rimembranza, in genere accompagnati da monumenti e sculture, che portano i segni della retorica nazionalista del fascismo.
Ma si vollero anche creare luoghi-simbolo della memoria nazionale della Grande Guerra: già dal 1921 la tomba al milite ignoto nell’Altare della Patria, a Roma, nel 1938 il grandioso sacrario di Redipuglia, inaugurato dal duce del fascismo in persona. Il tema riassuntivo è quello dei caduti.
Così le atrocità di una lunga guerra di posizione vissuta in trincea e costata tante giovani vite, che la grande letteratura ha raccontato, furono addolcite dai riconoscimenti alle famiglie dei caduti, dalle medaglie e dalla retorica del valor militare.
Alla dimensione delle memorie pubbliche corrispose l’esplosione di memorie di massa: si moltiplicarono nel dopoguerra i reduci che presero la penna per raccontarsi. Non ebbero voce le memorie divise: i cittadini austriaci delle terre passate all’Italia, combattenti dell’esercito nemico.
Alla fine l’esaltazione dell’eroismo prese il posto della pietà; il lutto faticò ad essere elaborato.